I tempi della fotografia documentaristica
La fotografia documentaristica ha bisogno di tempo. Fuori e dentro allo scatto si susseguono diversi ritmi vitali. In ogni “scatto rubato” o “attimo fermato” c’è il tempo che il fotografo ha impiegato a vedere, comprendere e valorizzare l’istante. A volte ci vuole tutta la vita.
Da questo nasce lo stile del fotografo, il suo modo di vedere e rappresentare la realtà.
La fotografia documentaristica ha bisogno di tempo per conoscersi, per viversi.
Per questo motivo durante la cerimonia, il fotografo di matrimonio deve saper adattarsi ad ogni tipo di pressione dettata dal tempo, deve saperlo gestire ed esserne padrone.
Va da sé che un matrimonio senza fretta, senza corse e timeline rigida, favorisce questo tipo di visione, questa lentezza che serve agli sposi per viversi l’evento, agli invitati per divertirsi e la fotografo per vedere meglio, con chiarezza e curiosità.
Negli ultimi tempi va di moda questa “lentezza” anche dal punto di vista tecnico: foto mosse, sfocate, che riportano ad un uso di attrezzatura analogica, dove bisognava “pensare” prima di scattare, prendendosi tutto il tempo necessario.
Personalmente proporrò in un prossimo futuro la fotografia analogica, dove il processo è più lento e meditativo rispetto alla fotografia digitale.
Dalla scelta del rullino, al caricamento di quest’ultimo, un numero limitato di scatti per rullino fino alla composizione di ogni foto con maggiore cura.
La lentezza della fotografia documentaristica non è solo una questione tecnica, ma anche un elemento che influenza profondamente l’approccio creativo e l’esperienza del fotografo.
Questa lentezza è un vantaggio, permettendo una connessione più profonda con il processo fotografico e una maggiore soddisfazione dal risultato finale.
Perché il tempo va fermato, non rincorso.